Siamo le ragazze che studiano sognando un futuro da manager, le anziane signore che si dedicano anima e corpo ai nipoti per aiutare i loro figli in un Paese che questi bambini si tappa gli occhi per non vederli, siamo le pendolari che ogni giorno affrontano 2 ore di viaggio in treni stipati, ritardatari e maleodoranti per portare a casa 1000 euro al mese, siamo le casalinghe per scelta o per forza, che mandano avanti l'economia sommersa delle cure parentali alle quali lo Stato si sottrae, siamo le impiegate delle piccole e medie imprese, quelle che non possono ammalarsi se no cade il mondo, ma delle quali si può far presto a meno quando arriva un bambino nella loro vita.
Siamo le laureate che hanno appeso titolo e sogni ad un gancio al muro e che adesso quei sogni li vogliono indietro con gli interessi. Siamo il 50% e più della popolazione di un Paese che ha troppo spesso taciuto. Quel 50% che ha troppo spesso sacrificato o meglio sarebbe dire donato le proprie forze per assicurare un presente ed un futuro migliori alle loro famiglie. Siamo quelle che adesso basta, vogliono e devono prendere la parola, per dire che un paese senza donne non è possibile, per dichiarare con orgoglio la loro diversità e la loro complementarietà rispetto agli uomini, per chiedere a gran voce allo Stato di usare questa "diversità" come ricchezza, di sfruttare le loro potenzialità per un Paese migliore, per famiglie migliori, perché i loro - i nostri - figli, siano domani uomini e donne migliori.
Uomini e donne con un futuro.
Siamo quelle che hanno smesso di farsi un'assurda guerra fatta di invidia e di competizione. Siamo quelle che oggi, compatte, camminano assieme per affermare la loro coscienza sociale. Siamo le donne vere e non le patinate escort delle cronache di questo piccolo, rumoroso e spesso imbarazzante Paese.
Siamo quelle che hanno deciso di crederci, di credere che se una cosa la si vuole davvero, allora bisogna combattere per averla. Siamo il genere femminile, al quale, orgogliosamente, appartengo.
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